IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Letti gli atti del procedimento nei confronti di Lanzarini Pietro nato a Bologna il 1o novembre 1963 residente in Casalecchio di Reno via Ercolani n. 8, imputato: a) del reato p. e p. dall'art. 9, legge n. 212/1956 perche' nel giorno precedente le elezioni affiggeva sulla pubblica via manifesti elettorali pubblicizzanti la propria candidatura in Bologna il 23 aprile 1995; b) del reato p. e p. dall'art. 29, commi 3 e 5, legge n. 81/1993 perche' diffondeva dei manifesti pubblicizzanti la propria candidatura senza che sugli stessi fosse indicato il nome del committente responsabile in Bologna il 20 e 21 aprile 1995. All'udienza del 6 novembre 1998 il difensore dell'imputato Lanzarini Pietro ha sollevato nuova questione di legittimita' costituzionale della normativa incriminatrice, sia attraverso il rilievo che la precedente decisione di inammissibilita' della Corte era relativo solo ad una pretesa carenza di motivazione sulla rilevanza sanabile quindi con motivazione sul punto, sia evidenziando come la Corte stessa ha prospettato la tematica della stridente disparita' di trattamento rispetto alla medesima violazione tra la norma che disciplina le elezioni amministrative e quella che si occupa delle elezioni politiche. Rileva il difensore che nel primo caso, ovvero elezioni amministrative, alle violazioni si applica sanzione penale, mentre nel scondo, ovvero elezioni politiche, si applica sanzione amministrativa. Ritiene questo giudice che l'eccezione sia rilevante e non manifestamente infondata. In ordine alla rilevanza dell'eccezione nel caso concreto, l'imputato e' a giudizio per aver affisso sulla pubblica via, nel giorno precedente le elezioni amministrative comunali, manifesti elettorali pubbllicizzanti la propria candidatura e perche' tali manifesti non riportavano il nome del committente responsabile. Solo il capo "B" ovvero l'omessa indicazione del committente rileva, essendo il capo "A" pacificamente depenalizzato dall'art. 15, comma 17, della legge n. 515 del 1993. Pertanto relativamente al capo "A" deve dichiararsi non luogo a procedere per non essere piu' il fatto previsto dalla legge come reato. Relativamente viceversa al capo "B" dell'imputazione, il fatto e' sanzionato con la multa da lire 1.000.000 a lire 50.000.000 se compiuto per elezioni amministrative (come nel caso di specie) mentre in caso di elezioni politiche vi e' una sanzione di natura amministrativa, pur uguale nella somma prevista. Non vi e' dubbio che la punizione penale di una condotta (diffusione di stampati irregolari durante elezioni amministrative) che, qualora inserita in un contesto logicamente identico (diffusione di stampati irregolari durante elezioni politiche), avrebbe una sanzione meramente amministrativa appare apertamente ed ingiustificatamente in contrasto con il principio di uguaglianza e determina un dubbio di costituzionalita'. E' infatti rimasta solo questa ipotesi residuale che viene colpita dalla sanzione penale, mentre tutte le altre a suo tempo previste nella legge n. 212/1956 sono state depenalizzate. Questo comportamento viene punito (e di fatto il primigenio decreto penale di condanna cosi' lo sanzionava) con la sanzione penale, con le conseguenze che una sanzione penale comporta. L'interesse del cittadino a non ricevere sanzione penale e' evidente ove si pensi alle conseguenze di una condanna sia relativamente alla possibilita' di usufruire dei benefici di legge, sia in ordine ad eventuali profili di recidive. Quindi e' evidente l'interesse dell'imputato ad eccepire la costituzionalita' della norma e, nei profili evidenziati, e' evidente che la questione merita l'esame della Suprema Corte.